Giovedì 17 gennaio dalle 20 al Karemaski di Arezzo appuntamento con la cena e spettacolo “La mamma, l’angelo, la ciambella” di Enrico Fink. Uova sode, riso in brodo con gli spinaci,gli scacchi, il polpettone di petto di tacchino, la lingua salmistrata, carote e testine di spinaci all’aceto. Così, con il menù di una cena pasquale, comincia un percorso fra le musiche, gli odori e i sapori della Ferrara ebraica di prima della guerra, quel mondo reso noto attraverso gli scritti di Giorgio Bassani. In questo viaggio a guidarci sono la musica di Enrico Fink, accompagnato da un insolito ensemble, per farci ridere, piangere, ballare e gustare preziosi piatti tradizionali. Lo spettacolo ha la struttura di un concerto racconto, a cui può essere abbinata una cena con menù ebraico, realizzata dallo stesso Enrico Fink. Il menù della cena prevede: concia di melanzane e polpettone di tonno per antipasto, hamin (ruota del faraone) come primo e scacchi con ragù di soia per secondo. Costo della cena 18 euro, solo spettacolo 10 euro.
Venerdì alle 21,30 al Karemaski tornano gli Improvisti, i match di improvvisazione teatrale di Areamista. Sabato appuntamento con il live dei Bachi da Pietra e il release party dell’album Quintale. Serata quindi all’insegna del rock’n’roll, questo fanno i Bachi da Pietra che hanno alle spalle quattro album, un live in teatro -Insect Tracks- registrato in mono esclusivamente con strumentazione vintage, e uno split con i Massimo Volume. I Bachi da Pietra sono in continuo mutamento, qui nasce e qui arriva “Quintale”, che come gli ultimi tre episodi (una trilogia del tarlo?) gioca con la progressione dei numeri e come gli altri spiazza e lascia storditi. Dodici brani di rara durezza, materiale incandescente su cui Giulio Favero ha messo le mani nell’aprile del 2012, registrando mixando e tagliando rigorosamente in analogico e rigorosamente su nastro, senza interferenze digitali, facendo scaturire dalla roccia una potenza sonora mai raggiunta prima dai Bachi da Pietra. Strumenti ai minimi ancora una volta eppure un suono sempre impossibile da classificare che questa volta è capace di riempire ogni spazio. Pochi inserti esterni, la chitarra di Giulio Favero in “Fessura”, la sua voce in alcuni cori, il sax impazzito e schizofrenico di Arrington de Dyoniso in “Enigma”, “Paolo Il Tarlo” e “Ma Anche No”. Tutto il resto è il sempre più monolitico suono primordiale di Succi e Dorella: rock e blues (archetipi metal) scarnificati e possenti. La successione della track-list spiega il cambio di pelle dei Bachi da Pietra: “Haiti”, “Brutti Versi”, “Coleotteri” ed “Enigma” non permettono pause, “Fessura” e “Mari Lontani” concedono un respiro, prima di rientrare nel vortice di “Io Lo Vuole”, “Pensieri Parole Opere”, “Paolo Il Tarlo”. “Sangue” il sangue lo fa sputare davvero, prima dell’ultima decompressione, con “Dio Del Suolo” e “Ma Anche No”. “Quintale” è un disco di paradossi deve molto del suo suono possente a due strumenti minimi, introdotti nell’universo dei Bachi da Pietra: al plettro sulla chitarra e al charleston accanto ai due tamburi.